Wednesday 13 August 2014

From "The Week"

Mallika Sarabhai mette nero su bianco nel suo "last word" su The Week del 10 agosto una sensazione che continuo a provare qui in India.

Si riferisce al bisogno che hanno provato politici, mass media e opinion maker in India negli ultimi vent'anni di "provare che tutto ciò che esiste al mondo prima di tutto è stato scoperto in India, e che è necessario difendere la purezza del Paese" (traduzione mia, articolo su 
http://week.manoramaonline.com/cgi-bin/MMOnline.dll/portal/ep/theWeekContent.do?tabId=13&programId=10350717&categoryId=-1073908161&contentId=17303275&BV_ID=@@@ )

L'ho pensato spesso, in questi anni. Passi per l'invenzione dello zero, che è indiana certificata. Ma il calcolo orale? Possibile che sia nato con la matematica vedica? Persino l'astrologia: qui si basa su conteggi diversi di distanze interstellari, e quindi è superiore a qualunque altro tipo di astrologia, la cinese inclusa. Giusto essere orgogliosi della propria storia, ma volere che da essa discenda la storia di tutto il resto del mondo trovo sia leggermente presuntuoso.

Dice molto bene Mallika: "la più grande forza dell'India è stata la sua capacità di prendere le cose dal mondo e trasformarle in un prodotto nuovo con solo un accenno alle sue origini - come metterlo in un'insalatiera piena di così tante altre cose che non può fare a meno di assorbire colori e sapori di tutti gli altri ingredienti". Vero, verissimo. Il nome è "pizza", ma quello che mangi qui non ha nulla a che vedere con la pizza nota nel resto del mondo. Il nome è Kentucky Fried Chicken, ma in nessun altro luogo un brand è così lontano dall'orignale.

Eppure...l'originale resta, è la radice, la scintilla iniziale. Perché negarlo, perché volere annullare l'idea stessa che alcune cose, anche se qui hanno trovato nuova vita e nuove interpretazioni, non sono originali di qui? 

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